È stato pubblicato in questi giorni il rapporto 2017 sulla sicurezza ICT in Italia. Il Clusit è un'associazione che ha sede al Dipartimento di Informatica dell'Università degli Studi di Milano che si occupa di diffondere la cultura della sicurezza informatica presso le aziende, le PA ed i cittadini in generale. Tra i suoi scopi istituzionali c'è quello di contribuire alla definizione di percorsi formativi per le figure professionali che operano nel settore, di partecipare agli iter delle leggi e dei regolamenti che coinvolgono la sicurezza informatica oltre a quello di promuovere le tecnologie che aumentino il livello di protezione degli ambienti digitali nei quali operiamo. Per questo il Clusit coinvolge oltre 500 operatori del mondo accademico, produttivo e governativo.
Dal rapporto, che può essere scaricato gratuitamente dal sito del Clusit, emerge come il 2016 sia stato a livello globale l'annus horribilis per la sicurezza informatica dovuto ad una sistematica e diffusa penetrazione delle minacce da cybercrime, i dati raccolti infatti fanno squillare più di un campanello d'allarme, siamo entrati in una vera e propria fase di emergenza e di altissimo rischio cyber. Spesso le contromisure si sono rivelate inefficaci a fronteggiare il problema che ha cominciato a colpire il mondo profondo le imprese e le pubbliche amministrazioni con una sistematicità finora inedita. Col 2016 abbiamo assistito ad un vero e proprio salto di livello del cybercrime sempre più considerabile come attività di punta e non di nicchia della criminalità organizzata.
Questo quadro globale ha trovato il nostro paese particolarmente vulnerabile, il tessuto delle piccole e medie imprese al centro delle filiere produttive spesso non è stato in grado di fronteggiare il problema a causa di policy di sicurezza informatica antiquate basata sulla concezione della difesa "a fortino" e soprattutto alla scarsa formazione informatica di base del personale. Tra le minacce più diffuse nel 2016 ci sono i malware ed i ransomware in particolare che hanno generato estorsioni on line per circa 400 milioni di Euro.
Oltre alla dotazione di infrastrutture tecnologiche concepite per la difesa proattiva infatti è fondamentale l'alfabetizzazione informatica degli utilizzatori degli strumenti informatici che spesso attuano in azienda le stesse metodologie che usano a casa con uno scarso senso critico nel valutare il rischio cyber delle attività che si svolgono sui terminali all'interno delle reti aziendali e dei rischi derivanti da un uso scorretto di tali strumenti.
Più in generale dobbiamo lamentare la mancanza in Italia di una cultura informatica di massa che è la diretta conseguenza di aver voluto distruggere l'unica vera industria high-tech del paese che era l'Olivetti che viceversa era stata uno dei principali volani tecnologici dell'industrializzazione del paese nel dopoguerra durante il cosiddetto miracolo economico. All'Olivetti si deve, pochi lo sanno, la nascita del primo personal computer della storia: l'Olivetti Programma 101 o P-101 e sempre all'Olivetti si deve la creazione di centri per la formazione manageriale di altissimo livello come quello avveniristico in Inghilterra ad Haslemere progettato dall'architetto James Stirling.
Dal rapporto, che può essere scaricato gratuitamente dal sito del Clusit, emerge come il 2016 sia stato a livello globale l'annus horribilis per la sicurezza informatica dovuto ad una sistematica e diffusa penetrazione delle minacce da cybercrime, i dati raccolti infatti fanno squillare più di un campanello d'allarme, siamo entrati in una vera e propria fase di emergenza e di altissimo rischio cyber. Spesso le contromisure si sono rivelate inefficaci a fronteggiare il problema che ha cominciato a colpire il mondo profondo le imprese e le pubbliche amministrazioni con una sistematicità finora inedita. Col 2016 abbiamo assistito ad un vero e proprio salto di livello del cybercrime sempre più considerabile come attività di punta e non di nicchia della criminalità organizzata.
Questo quadro globale ha trovato il nostro paese particolarmente vulnerabile, il tessuto delle piccole e medie imprese al centro delle filiere produttive spesso non è stato in grado di fronteggiare il problema a causa di policy di sicurezza informatica antiquate basata sulla concezione della difesa "a fortino" e soprattutto alla scarsa formazione informatica di base del personale. Tra le minacce più diffuse nel 2016 ci sono i malware ed i ransomware in particolare che hanno generato estorsioni on line per circa 400 milioni di Euro.
Oltre alla dotazione di infrastrutture tecnologiche concepite per la difesa proattiva infatti è fondamentale l'alfabetizzazione informatica degli utilizzatori degli strumenti informatici che spesso attuano in azienda le stesse metodologie che usano a casa con uno scarso senso critico nel valutare il rischio cyber delle attività che si svolgono sui terminali all'interno delle reti aziendali e dei rischi derivanti da un uso scorretto di tali strumenti.
Più in generale dobbiamo lamentare la mancanza in Italia di una cultura informatica di massa che è la diretta conseguenza di aver voluto distruggere l'unica vera industria high-tech del paese che era l'Olivetti che viceversa era stata uno dei principali volani tecnologici dell'industrializzazione del paese nel dopoguerra durante il cosiddetto miracolo economico. All'Olivetti si deve, pochi lo sanno, la nascita del primo personal computer della storia: l'Olivetti Programma 101 o P-101 e sempre all'Olivetti si deve la creazione di centri per la formazione manageriale di altissimo livello come quello avveniristico in Inghilterra ad Haslemere progettato dall'architetto James Stirling.
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